Quando sostenni l’esame di Giustizia Costituzionale Comparata rimasi piacevolmente sorpreso dalla possibilità che veniva prevista in alcuni ordinamenti giuridici, tra cui quello spagnolo, di un accesso diretto individuale al Tribunal Constitucional per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, ultimo baluardo contro i vulnus posti in essere dai pubblici poteri. Ciò accadde poichè una siffatta modalità di accesso alla Corte non è altresì prevista negli schemi costituzionali del Bel Paese. L’Italia, infatti, è considerata dalla dottrina costituzionale come la “Patria del giudizio incidentale”.

Sicché, in prospettiva comparata si potrebbe argomentare che i cittadini spagnoli siamo più “fortunati” di quelli italiani, in quanto la mancanza di un giudice a quo, inteso come portiere del giudizio di legittimità costituzionale, risponderà sicuramente ad una esigenza di soddisfazione concreta in giudizio di una pretesa fondata.

Ma è davvero così che stanno le cose? Traducendo la domanda in termini giuridici, è davvero più efficiente il presidio costituzionale offerto dalla modalità diretta individuale di instaurazione del giudizio innanzi alla Corte? L’ipotetica mutuazione del recurso de amparo spagnolo nel sistema di giustizia costituzionale italiano allargherebbe davvero le maglie della guarentigia già garantita dall’incidentalità del ricorso

Il recurso de amparo può definirsi come un rimedio processuale mediante il quale il Tribunal Constitucional garantisce una protezione limitatasoggettiva e sussidiaria.

Limitata per un duplice ordine di ragioni: in primis, il catalogo dei diritti suscettibili di protezione è limitato a quelli previsti agli articoli 14-30 della Costituzione spagnola; in secundis, oggetto del recurso possono essere solamente atti o comportamenti posti in essere da pubblici poteri e non da privati (in tal caso la competenza principale spetterebbe alla giurisdizione ordinaria). 

Sussidiaria a causa dell’obbligatorietà del previo esperimento delle vie ordinarie (salvo il caso dell’articolo 42 della LOTC), che permette al Tribunale di svolgere la sua funzione naturale di protezione giurisdizionale.

Soggettiva poiché accessibile a qualunque persona fisica (“cualquier ciudadano), spagnola e straniera, persona giuridica privata, inclusi organizzazioni e gruppi etnici, sociali o religiosi la cui finalità sia rinvenibile nella difesa dei diritti e delle libertà fondamentali, e persona giuridica pubblica quando agisce come soggetto di diritto privato. 

Sin dall’introduzione del recurso, il Tribunal Constitucional è intervenuto più volte sigillandone la disciplina: esso ha dapprima ribadito qual è la finalità essenziale del rimedio, ovvero la protezione in sede costituzionale dei diritti e delle libertà fondamentali allorché le vie ordinarie di tutela risultino insoddisfacenti, consacrando così la sussidiarietà del rimedio e dando la possibilità ai giudici ordinari di rimediare alla vessazione del diritto “amparabile”; inoltre, e soprattutto direi, ha ribadito la necessità di un’analisi oggettiva della Carta costituzionale, a salvaguardia della quale il Tribunal Constitucional assurge ad interprete supremo della Costituzione affinché la sua interpretazione dei precetti costituzionali possa imporsi a tutti i poteri pubblici.

Quanto detto, se da un lato evidenzia quello che è probabilmente il più grande vantaggio del ricorso diretto rispetto a quello incidentale, ovvero la funzione di tipo nomofilattico che eserciterebbe la Corte e quindi di controllo sulla giurisdizione ordinaria, dall’altro mette in evidenza la dimensione oggettiva dell’accesso diretto individuale, confermandone altresì la duplicità della natura: mentre la posizione del soggetto privato è chiaramente soggettiva, in quanto chi presenta ricorso ha un interesse individuale a che si verifichi la conformità di una norma al dettame costituzionale, la posizione della Corte si presume essere oggettiva dato che non dovrebbe far altro che verificarne la rilevanza costituzionale, senza tener conto della vocazione soggettiva del ricorso. Per cui, sebbene nel ricorso diretto individuale sembri prevalere la posizione soggettiva, in realtà ci sono dei passaggi processuali che sono suscettibili di favorire o sfavorire l’elemento soggettivo. Uno tra tutti, il giudizio di ammissibilità, riformato dalla Ley Orgánica2/1979.

Questa riforma, infatti, innova profondamente il recurso de amparo, tentando di risolvere tutta una serie di problematiche processuali ed empiriche alle quale prestava il fianco. Le motivazioni sottese all’entrata in vigore della Ley Orgánica6/2007 sono plurime, ma riconducibili ad un’unica criticità: il congestionamento dell’attività giurisdizionale del Tribunal Constitucional. A titolo esemplificativo, dai 218 ricorsi depositati presso la Cancelleria del Tribunal nel 1980 si è passati alla cifra monstre di 9.840 nel 2007. Pertanto, si ritrovò inflazionato ed oberato di lavoro, e ciò finì per soffocare le altre competenze attribuitegli dalla Costituzione, trasformandosi de facto da Tribunal Constitucional a Tribunal de amparos.

È possibile compendiare gli interventi riformatori in quattro ambiti essenziali: introduzione del giudizio preliminare di ammissione del recurso, per mezzo del quale si opera “l’oggettivizzazione” (parziale) dell’amparo; diretta attribuzione alle Sezioni del Tribunal Constitucional della possibilità di decidere sui recursos sia per l’ammissibilità che per il merito, deflazionandone così la mole di lavoro; potenziamento della sede naturale dei tribunali ordinari, in virtù di un ampliamento delle proprie competenze; nuova regolamentazione della cuestión interna de constitucionalidad o autocuestión de constitucionalidad.

Nonostante l’avvenuta ristrutturazione dell’amparo i dati più recenti dimostrano come il trend sia rimasto costante: dei 9.040 ricorsi presentati alla Corte nel 2010 ben 8.947 costituivano recursus de amparodi cui solo 91 ottenevano successivamente una decisión de admisión a trámite (il Tribunal Constitucional dimostra, pertanto, di fare largo uso della providencia di inammissibilità nella fase preliminare).

Il passaggio ricorrente dalla dimensione soggettiva a quella oggettiva del ricorso è topos anche dell’esperienza italiana, che ha palesato gli stessi sentimenti di sfiducia nella magistratura già registratisi in Spagna. In Italia, però, la reazione fu diversa: al termine dell’annoso dibattito in seno all’Assemblea Costituente del ’48, a causa del timore che un’apertura indiscriminata alla legittimazione a ricorrere rallentasse i tempi (già molto lunghi) della giurisdizione italiana, si decise di scommettere sulla sensibilità dei giudici ordinari, consegnando loro le chiavi di accesso alla Corte senza prevedere alcuna possibilità per il cittadino di impugnare le decisioni direttamente dinanzi al Giudice Costituzionale, consacrando altresì l’incidentalità del ricorso. Ciononostante, il ricorso diretto individuale (definito dalla dottrina come un “fiume carsico”) continua ad essere una costante del dibattito intorno alla giustizia costituzionale in Italia, soprattutto in relazione ad alcune criticità palesate dall’accesso incidentale.

La modalità di accesso in via incidentale alla Corte costituzionale attualmente prevista sembra in grado di fornire una protezione efficace dei diritti fondamentali dell’uomo, anche in assenza dell’accesso diretto. Anzi, dubbi sorgono attorno ad alcuni tratti peculiari del recurso de amparo, tra cui la succinta motivazione, il numero spropositato di ricorrenti, il congestionamento dell’attività della Corte costituzionale, la scarsissima percentuale di ricorsi che superano il giudizio preliminare di ammissibilità e l’ambiguità dei criteri del filtro per accedere alla decisione sul merito. Ci si chiede pertanto se una siffatta modalità di accesso diretto alla Corte sia davvero in grado di apportare in toto una maggiore effettività alla tutela ed una migliore soddisfazione “concreta” di quella già garantita dall’ordinamento italiano. La risposta, pertanto, sembra essere negativa: in un confronto tra i possibili apporti migliorativi e peggiorativi che arrecherebbe la sua previsione, la bilancia pare propendere per i secondi. Le motivazioni addotte dell’Assemblea costituente sembrano ancora valide e alla luce dell’esperienza spagnola tale timore appare assolutamente fondato.

L’introduzione del ricorso diretto individuale di costituzionalità può rappresentare un’opportunità, ma non di certo una necessità imprescindibile dell’assetto costituzionale italiano. Invero, possibili spiragli di mutuazione possono più ricollegarsi non già eventuali benefici che apporterebbe il recurso de amparo, bensì alle criticità dell’accesso incidentale e quindi da centellinare nella misura in cui il ricorso diretto individuale possa risolvere queste criticità.

Tali possono rinvenirsi, per esempio, nella necessità di consolidamento della tutela sovranazionale e nell’esigenza di ottimizzare un dialogo tra la Corte costituzionale e le Corti europee, in virtù del rischio di un possibile conflitto derivante dall’incidentalità dell’accesso alla Corte costituzionale rispetto alle modalità previste dalla Corte EDU (attuativa della c.d. tutela multilivello). 

Ed ancora la “crisi del giudizio incidentale”. Ebbene: l’ampio successo ottenuto dall’obbligo (di matrice giurisprudenziale) che grava sui giudici di procedere all’interpretazione conforme a Costituzione, capace di risolvere i dubbi di costituzionalità senza necessità di emettere ordinanza di rimessione, ha determinato una netta diminuzione delle questioni di costituzionalità sottoposte dai giudici a quo ai giudici costituzionali. 

Tuttavia, il principale difetto del sistema italiano, che perciò farebbe propendere per la convenienza dell’amparo per lo meno in questo specifico settore, pare rinvenirsi nell’inconfutabile difficoltà di tutela di alcuni diritti fondamentali, come quelli in materia elettorale, considerati da sempre delle vere e proprie “zone franche” della giustizia costituzionale di casa nostra. Tale criticità riguarda la mancata effettività della protezione di una serie di diritti dell’individuo, tra i quali il voto dei cittadini all’estero, il voto di preferenza nelle elezioni politiche, i criteri di assegnazione del premio di maggioranza, i rimedi giurisdizionali riguardo alla fase prodromica delle elezioni politiche, e la soglia di sbarramento per le lezioni del parlamento europeo. Tutti i ricorsi presentati in queste fattispecie sono stati agevolmente decisi dalla Corte con una dichiarazione di inammissibilità, in quanto privi dei requisiti soggettivi del conflitto tra poteri dello Stato (poiché i ricorrenti non possono essere qualificati come “potere dello Stato”). Ecco perché si parla di “un’avvertibile necessità dell’istituto”, soprattutto nei confronti di talune categorie di diritti rispetto alle quali la Corte ha faticato ad esercitare il suo sindacato

Questa “voglia di ricorso diretto” può altresì rinvenirsi nell’inedita giurisprudenza della Corte costituzionale, in particolare nelle sentenze n.1 del 2014 e n.35 del 2017. Queste rimettono in discussione l’accesso alla Corte costituzionale, severamente presidiato da oltre cinquant’anni di giurisprudenza quasi granitica. Esse, ammettendo il sindacato di costituzionalità sulla legge elettorale per le elezioni politiche, disegnano una “corsia preferenziale” per la tutela del diritto di voto che garantisce una viabilità sicura per la tutela di rilevanti interessi pubblici. La peculiarità di questa via d’accesso è che tale privilegio di carattere procedurale viene accordato con esclusivo riferimento alla legislazione elettorale, poiché è in tale ambito che concorrono due fattori di analoga gravità: l’uno attinente alla natura fondamentale del diritto di voto; l’altro riguardante l’inaccettabile l’esistenza di una “zona franca” nel sistema di giustizia costituzionale, proprio in un ambito strettamente connesso con l’assetto democratico. Sicché, qualora la questione di legittimità costituzionale abbia ad oggetto la legge che determina l’elezione di Camera e Senato, l’accesso alla Corte si allargherebbe, consentendo l’ingresso di una questione che, di regola, sarebbe dichiarata inammissibile. 

Orbene: la legge elettorale impugnata (il cd. porcellum del 2005) è stata esaminata secondo criteri e motivazioni che sembrano appartenere più ad un giudizio in via astratta che non concreto quale è quello attivato in via incidentale, nella misura in cui trova un’indefettibile condizione nella rilevanza della questione di costituzionalità. Questo è uno degli aspetti processuali sui quali si gioca questa partita tra dimensione soggettiva ed oggettiva, dove a seconda del ruolo della giurisprudenza può prevalere una dimensione piuttosto che l’altra. Stesso discorso può farsi circa la portata della legittimazione del giudice a quo a sollevare la questione di legittimità costituzionale, di recente ampliata da alcune sentenze della Corte, e dall’interpretazione conforme a Costituzione, obbligo di matrice giurisprudenziale che grava sui giudici ordinari prima di emettere ordinanza e che può rimarcare la dimensione oggettiva del rimedio.

Ci troviamo pertanto dinanzi ad una sorta di ricorso diretto di costituzionalità delle leggi, eccezionalmente ammesso a protezione del diritto di voto alle elezioni politiche. Il consolidarsi di questa giurisprudenza produrrebbe pertanto un notevole ampliamento dell’accesso alla giustizia costituzionale in Italia, capace in tal modo di superare le “zone franche” del nostro impianto costituzionale.

Quindi, mediante l’introduzione del ricorso diretto la Corte costituzionale eserciterebbe una funzione di tipo nomofilattico (in Italia già esercitata dalla Corte di Cassazione), di controllo della giurisdizione ordinaria. L’istituto, pertanto, non creerebbe soltanto un aggravio nell’attività della Corte, ma inciderebbe anche positivamente nei rapporti tra la stessa e i giudici comuni, favorendo altresì l’unità dell’interpretazione costituzionale e attribuendo una valenza maggiormente oggettiva alle sue pronunce rispetto a quelle rese in via incidentale.

Ma l’eventuale duplicità della funzione nomofilattica (già affidata in Italia alla Corte di Cassazione) e dei ricorsi che si istituirebbe potrebbe provocare un forte aumento del numero di ricorsi e un probabile congestionamento delle attività della Corte. Questa, a causa di questo congestionamento, sarebbe indotta ad attuare una garanzia dei diritti non già di carattere soggettivo, bensì oggettivo. In altre parole, il rischio in questo caso sarebbe quello di ripercorrere le orme dell’esperienza spagnola, dove il diritto all’amparo costituzionale si esaurisce nell’invio della documentazione richiesta presso la cancelleria della Corte. L’esito dello studio dell’esperienza costituzionale spagnola ammonisce circa il rapporto costi-benefici conseguenti alla introduzione di un ricorso diretto del tipo dell’amparo costituzionale. 

Tornando alla domanda iniziale, è davvero effettiva la tutela soggettiva dei diritti offerta da un ordinamento nel quale soltanto i casi di maggior rilevanza costituzionale vengono risolti nel merito? (solo l’1%). La stessa dottrina costituzionale ha messo in guardia dal percorrere la strada delle riforme radicali del giudizio di costituzionalità italiano, propendendo semmai per una sperimentazione graduale del ricorso diretto individuale, ad esempio laddove esistono delle “faglie” nel ricorso in via incidentale. 

In conclusione, si potrebbe quindi ammettere un amparo elettorale, giacché la garanzia dei diritti elettorali è quella che più faticosamente riceve effettiva tutela mediante l’accesso in via incidentale, in modo tale da superare le “zone franche” della giustizia costituzionale italiana, da sempre vero tallone d’Achille della tutela offerta dal ricorso in via incidentale.

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