Parlare oggi di difetti e inadempienze del Diritto Internazionale è fin troppo riduttivo.
Bisogna tener presente che le principali Organizzazioni Internazionali nascono nel
secondo dopoguerra con l’obiettivo di evitare catastrofi umanitarie quali le guerre
mondiali. Molteplici e sempre più importanti sono i passi in avanti compiuti nel corso
del tempo. Le aree di competenza sono sempre cresciute e mai come oggi il Diritto
Internazionale può dirsi all’apice del suo cammino.
Eppure, mettendo a confronto le condizioni umanitarie di tutti gli Stati, emergono
differenze così abissali che sorge spontanea una domanda: i medesimi si trovano
tutti al contempo su questo Pianeta?
È un dato di fatto che con il boom di internet e dei trasporti siamo diventati tutti più
vicini e tutti consapevoli cittadini del mondo.
La pandemia insegna che siamo tutti sulla stessa barca e che la salute di nessuno è
al sicuro se in Cina è consentito mangiare pipistrelli; al contempo nessuno Stato
potrà da solo sconfiggere il COVID se non estraniandosi dal Mondo intero.
Lo stesso dicasi per la battaglia contro il cambiamento climatico, non si può
combattere singolarmente ma soltanto cooperando.
I recenti accadimenti su Marte spostano l’attenzione su altri Mondi quasi
dimenticando i problemi del nostro; nuove frontiere come la digitalizzazione ci
attendono ma bisogna impegnarsi affinché non aumentino le disuguaglianze.
Le sfide del futuro si dovranno combattere insieme e il Diritto Internazionale odierno
non offre gli strumenti adatti per farlo.
È ora che anche il diritto faccia il proprio passo verso il nuovo ordine mondiale.
È ora di limitare la propria ‘’domestic jurisdiction’’ e di aprirsi a nuovi orizzonti.
Un trattato vincola soltanto gli Stati che vi aderiscono quindi c’è bisogno di uno
sforzo importante da parte di tutti e quale occasione migliore del G20 per partire?
Accordi Internazionali epocali possono essere la chiave per rendere equo il
multilateralismo e per immaginare al meglio il futuro del Pianeta Terra.