Nella corsa alle batterie per combattere l’effetto serra provocato da un’eccessiva emissione di CO2, è stata probabilmente oscurata un’invenzione del Politecnico di Zurigo che potrebbe cambiare, ancora una volta, il nostro modo di viaggiare.
Non è un’ultim’ora: si tratta di un lavoro iniziato nei primi anni dello scorso decennio – e che dovrebbe apparire su larga scala nel 2025 – da un gruppo di ricercatori dell’ETH Zurich guidato da Aldo Steinfeld, professore di Vettori di Energia Rinnovabile.
Il progetto è, per descriverlo in poche parole, una mini-raffineria solare.
CIOE’?
Quella che può sembrare una enorme antenna satellitare – che potreste comunque applicare sul tetto del vostro palazzo, viste le dimensioni – è in realtà un reattore: il sistema di specchi posizionati sulla parabola e sulla piastra circolare più piccola al centro, concentra le radiazioni solari verso due camere in materiale ceramico – Ossido di Cerio, CeO2, per la precisione -, le quali sviluppano al suo interno una temperatura di circa 1500 °C, permettendo le reazioni tra CO2 e H2O.
I risultati di questo processo sono: ossigeno O2, idrogeno H2 e/o monossido di carbonio CO.

Questi ultimi due composti molecolari gassosi vengono detti “syngas”, ossia “gas di sintesi”, e sono le sostanze di partenza per la produzione di diverse tipologie di carburanti: benzina, metanolo, cherosene.
È DAVVERO “GREEN”?
Sarebbe strano dire che un’invenzione che coinvolga la produzione di benzina sia ecosostenibile.
Eppure è così. Gli studi sulla catena di produzione hanno dimostrato – secondo i ricercatori – che la quantità di CO2 raccolta per la produzione dei carburanti è simile – se non la stessa – alla quantità di CO2 liberata dalla combustione degli stessi.

L’unico vero ostacolo attuale è presentato dalle quantità: il modello sviluppato dal Politecnico di Zurigo può produrre 0,10L di carburante al giorno. L’obiettivo, su un’area di lavoro di 1km2, sono 20 mila litri di cherosene al giorno. I costi sono un altro fattore da considerare: e neanche questi al momento, sono sostenibili se caricati sulle spalle dell’utente finale.
Proviamo ora ad immaginare un futuro in cui questa tecnologia è disponibile e facilmente fruibile: potremmo limitare o – con un po’ di nostalgica illusione – azzerare le estrazioni di petrolio dal sottosuolo; il prezzo del carburante potrebbe scendere su scala globale, diminuendo i costi per le agenzie aeree che potrebbero di conseguenza rendere i loro prezzi più competitivi; o ancora, i paesi, sfruttando questa tecnologia potrebbero divincolarsi dall’import sfrenato di petrolio, che arricchisce poche persone e pochissimi stati privilegiati, con pesanti conseguenze da un punto di vista politico.
PICCOLO APPUNTO PER L’ITALIA
Questo progetto è finanziato direttamente dalla Svizzera per tramite delle sue istituzioni, quali l’Ufficio per l’Energia Federale Svizzero, la Fondazione Nazionale Svizzera per la Scienza, la Segreteria per l’Educazione, la Ricerca e l’Innovazione Statale Svizzera, e dall’Unione Europea.
Quali sono le vostre opinioni in merito? Secondo voi, il carburante prodotto con questa tecnologia può rallentare l’ascesa dell’elettrico?
SITOGRAFIA PER I NERD
Nel nostro articolo abbiamo cercato di spiegare i meccanismi di sintesi dei syngas utilizzando termini molto semplici, senza mancare di scientificità. Per chi volesse scendere nel dettaglio e approfondire, lasciamo qui la sitografia da cui sono state prelevate le informazioni per la stesura di questo articolo:
https://prec.ethz.ch/solarfuelsfromair.html
https://ethz.ch/en/news-and-events/eth-news/news/2019/06/pr-solar-mini-refinery.html
https://prec.ethz.ch/research/solar-fuels/solarhydroviaredox.html